Dynamic Light Scattering (DLS)
ll DLS è una tecnica non invasiva, ormai affermata, chiamata anche PCS (Photon Correlation Spectroscopy ) o QELS (Quasi-Elastic Light Scattering) per la misura della dimensione di molecole, nanoparticelle o colloidi tipicamente sub-micronici.
Nelle misure DLS il campione viene illuminato da un raggio laser, e le variazioni d’intensità della luce diffusa vengono misurate in funzione del tempo. Le variazioni d’intensità misurate dal detector sono generate dal movimento browniano delle particelle all’origine dello scattering. A parità di temperatura e di viscosità le particelle ‘piccole’ si muovono rapidamente – creando delle variazioni rapide dell’intensità di scattering – mentre le particelle ‘grosse’ si muovono più lentamente – creando delle variazioni d’intensità lente.
Grazie ad un auto correlatore, la velocità delle variazioni d’intensità viene misurata, e il coefficiente di diffusione delle particelle calcolato dalla funzione di correlazione.
L’equazione di Stokes Einstein consente poi di convertire il coefficiente di diffusione in diametro idrodinamico
La misura del potenziale zeta serve per predire la stabilità delle dispersioni o le interazioni elettrostatiche, e per la misura del punto isoelettrico di proteine
La maggior parte delle particelle o nanoparticelle disperse in acqua presentano una carica superficiale, causata da fenomeni di ionizzazione o assorbimento di specie cariche.
Le particelle caricate sono circondate in soluzione da diversi strati ionici, la cui composizione risulta diversa da quella del bulk.
Quando si muovono in soluzione (movimento Browniano ad esempio) le particelle si spostano insieme ad un doppio strato ionico.
Il potenziale Zeta è il potenziale al livello di questo doppio strato, anche chiamato piano di scivolamento (slipping plane).
Il potenziale zeta risulta essere la forza principale delle interazioni tra le particelle, ed è molto sensibile alla composizione delle specie caricate nella dispersione.
Per le nanoparticelle, le particelle abbastanza piccole o di bassa densità per rimanere sospese, il valore del Potenziale Zeta consente di predire la loro stabilità.
In effetti, un valore di potenziale zeta elevato (i.e. <-30mV e >+30mV) fa si che le nanoparticelle rimangano lontane l’una dall’altra, respingendosi abbastanza per eliminare la possibilità di agglomerazione, aggregazione e/o flocculazione.
Tipicamente, il potenziale zeta viene utilizzato in formulazione per caratterizzare la stabilità delle dispersioni, studiarla in funzione del pH o della concentrazione di diversi additivi.
Nel caso delle biomolecole, la misura del potenziale zeta in funzione del pH consente di determinare il loro punto isoelettrico.
L’Electrophoretic Light Scattering ci consente di misurare la mobilità elettroforetica di particelle sospese in un liquido, la quale è direttamente proporzionale al loro potenziale Zeta come descritto dall’equazione di Henry.
Per misurare la mobilità elettroforetica delle particelle, si applica un campo elettrico tra gli elettrodi della cella di misura con il campione ed illuminata da un raggio laser. Le particelle cariche si spostano verso l’elettrodo di segno opposto, creando una variazione di frequenza della luce diffusa dal campione direttamente proporzionale alla mobilità elettroforetica.
Grazie ad una tecnologia brevettata dalla ditta fornitrice dello strumento, la misura del potenziale zeta diventa possibile anche nei casi più difficili, come per i campioni a bassa mobilità elettroforetica (viscosi, o in solvente organico) o ad alta conduttività.
Inoltre, la misura del potenziale zeta si può fare nelle rivoluzionarie cuvette usa-e-getta* che eliminano i tipici problemi di cross-contamination delle celle ad elettrodi fissi.
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Stefano Cerini
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